In questa puntata:
Pechino è piena di pechinesi. Sembrerà banale. Per carità: anche Roma è piena di romani. Però Roma senza noi romani sarebbe più bella. Invece Pechino senza i pechinesi non sarebbe altrettanto divertente. I pechinesi non "percorrono" le strade di Pechino come i romani percorrono le strade di Roma. I pechinesi sulla strada ci vivono. Ci camminano. Ci corrono. Ci si siedono. Ci si appollaiano. Ci ballano. Ci fanno esercizi fisici. Ci mangiano. La guardano. La sbirciano. La sorvegliano. Chiaramente la amano. L'ampiezza delle strade, dunque, non è casuale. Le strade sono un luogo sociale e fanno parte integrante del modo in cui i pechinesi concepiscono il loro rapporto con gli spazi, che poi è un po' una metafora del rapporto con gli uomini.
Cosa fanno, dunque, questi pechinesi per strada? Grossomodo possono essere classificati in un certo numero di evidenti categorie. Qui ve ne menziono alcune.
I REGOLATORI. E' pieno di persone che "regolano" qualcosa. Regolano il traffico. Regolano l'ingresso e l'uscita dei clienti dai supermercati. Regolano il posteggio delle biciclette fuori dai supermercati. Regolano il passaggio delle macchine attraverso i cancelli di qualunque edificio. Regolano il passaggio dei pedoni nelle porte e nei sottopassaggi. Regolano il posteggio delle macchine nei parcheggi (non sono abusivi come in Italia, però).
Ben inteso: non è che i regolatori diano fastidio. Spesso si limitano a guardare e sono molto discreti. Anzi, talvolta si ha l'impressione che il loro compito sia quello di fingere di non vedere le continue violazioni delle regole. Anche per questo non si può dire che Pechino sia una città "regolata". E poi ci sono altre categorie di persone che eliminano qualsiasi velleità regolatrice dei regolatori (vedi sotto per alcuni esempi).
I regolatori sono talmente tanti che verrebbe da pensare che ci sia un corpo di polizia specifico per ogni articolo del codice. Il tipico regolatore ha una divisa decorata da una fascia che identifica la regola che deve regolare. I regolatori più formali sono in piedi su un piedistallo quadrato di legno. Generalmente gli mettono sopra un ombrellone che li ripara dal sole e dagli episodici acquazzoni (dal caldo non ci si salva). Questo tipo di regolatore si limita a guardare le persone che passano. Non sembra avere nessuna regola da regolare. Infine c'è il regolatore più sfigato di tutti. Questo è sempre su un piedistallo, ma è tenuto a stare in piedi sull'attenti con atteggiamento marziale, spesso con i guanti bianchi, e talvolta, colmo del sadismo, persino privo di ombrellone. Questo tipo di regolatore si può trovare negli ingressi delle zone ritenute monumentali. Anche questo non ha nessuna regola da regolare. Anzi, è lui il solo regolato. E' come se la società lo avesse scelto come caprio espiatorio e costretto a stare immobile in condizioni estreme di caldo, umidità e luce accecante, per avere un esempio vivente di regola rispettata. Il resto della popolazione è così tranquillizzato: rispettare le regole non è poi tanto male. Si può fare.
I PULITORI. Il motivo per cui le strade di Pechino sono così pulite non è solo la buona educazione dei pechinesi, che considerano le strade come una propagine di casa propria, ma anche il fatto che accanto ai regolatori esistono una miriade di pulitori. I pulitori ufficiali sono provvisti di speciali strumenti, che vanno dalla bicicletta-carretto al camioncino, e provvedono a svuotare tutto lo svuotabile per estrarre dalla città l'immondizia prodotta da quindici milioni di pechinesi. Poi ci sono i pulitori riciclanti, che invece sono pulitori in proprio: questi raccolgono tutto ciò che è carta e cartone, lo legano insieme, lo imballano e lo trasportano su biciclette provviste di giganteschi traini. Un altro tipo di pulitore è il mini-pulitore. Anche lui ha una bicicletta, ma ha anche dei guanti bianchi e un lungo bastone provvisto di pinza. Gira per le strade e ha dichiarato guerra ai mozziconi di sigaretta. I pulitori mimetici sono invece per l'appunto difficili da riconoscere. Sembrano dei normali cittadini, ma improvvisamente si fermano e raccolgono qualcosa, talvolta con uno strumento apposito, e la buttano.
I CICLISTI FOLLI. Le leggi cinesi prevedono che se un automobilista mette sotto un pedone o un ciclista la colpa è sempre dell'automobilista (effettivamente se non si fosse voluto comprare una macchina l'incidente non sarebbe avvenuto). Dovremmo adottare queste regole anche in Italia. L'effetto netto, infatti, è che tutti gli utenti della strada, automobilisti, motociclisti, ciclisti e pedoni, si sforzano, per opposti motivi, di minimizzare il rischio di incidente, quali che siano le ragioni ed i torti di ognuno. Finalmente raggiunta l'armonia universale! Forse è per questo che in Cina gli utenti della strada non sono accidiosi, ma molto tolleranti e benevoli. Diciamo rassegnati.
Fatta salva la normativa di cui sopra, i cinesi sono degli autisti e dei ciclisti a dir poco audaci.
Mi sono comprato subito una bicicletta di seconda mano (15 euro, cestino anteriore e lucchetto compresi) e con questa bicicletta ho incominciato a girare per Pechino. La velocità del traffico non è elevata, ma la varietà di situazioni in cui si trova chi pedala è equiparabile al miglior video gioco esistente sul pianeta. Funziona così: i pedoni, rischiando in proprio, si sentono autorizzati a violare ogni possibile regola stradale. I ciclisti e motociclisti, che non possono correre troppo causa pedoni, si sentono a loro volta autorizzati ad uscire dalle piste ciclabili ed invadere le corsie delle macchine. Gli automobilisti suonano in continuazione come per dire "non ti vorrai mica buttare sotto alla mia macchina eh?", ma sono tranquillamente ignorati da tutti.
GLI OMBRELLIERI. In Cina capita talvolta di vedere delle persone a torso nudo. Non è considerato indecente, ma è comunque prerogativa degli operai o delle persone in fase di estremo relax.
L'abbronzatura, dunque, non è segno distintivo di classe come da noi. Tutt'altro. Ne deriva che i cinesi, e soprattutto le cinesi, odiano i raggi solari. Aggiungi a tutto ciò un clima in cui il sole è sempre diffuso da una cappa di vapore, una nuvola umida da cui potrebbero in qualsiasi momento cominciare a piovere goccioline finissime. Risultato: l'ombrello non è per i cinesi un parapioggia. E' una specie di paratutto. Loro lo aprono quando c'è il sole, quando piove, quando non si capisce se c'è il sole o se piove (sempre lo stesso ombrello). Per questo motivo gli ombrelli cinesi non sono lugubri come i nostri, ma hanno tinte chiare: rosa pallido, carta da zucchero, argento, ecc. I cinesi non considerano poco virile aprire, in circostanze metereologiche classificabili come avverse, un ombrellino rosa che un italiano si vergognerebbe ad adoperare in una tormenta notturna. Andando in giro per Pechino, dunque, soprattutto nelle piazze e nei luoghi aperti, è normale contare un certo numero di ombrelli, anche e soprattutto se c'è un po' di sole.
I cinesi sono terrorizzati da questa nuova influenza. Da quando sono arrivato ho compilato un certo numero di moduli specificando come stavo, come sono entrato nel paese, con quale volo, in quale giorno, seduto su quale posto, dove dormo, dove vado, quale classe frequento, in quale posto della classe sono seduto ecc ecc. Ho la carta d'imbarco dentro il passaporto, pronta per il prossimo modulo. Ciò è peraltro giustificato dalla necessità di dover proteggere qualche miliardo di persone spesso in condizioni di densità inverosimili.
Ieri a mezzogiorno bussano alla porta della mia stanza. Terrore: dovrò sostenere una conversazione in cinese? Non posso fuggire in alcun modo (sono all'undicesimo piano). Apro la porta pronto al peggio. Fuori c'è uno stuolo di persone in camice bianco e con la mascherina sul volto. Un'infermiera mi si avvicina con sprezzo del pericolo e mi chiede (in qualche lingua) dove ho mangiato la sera del 4 agosto (e che ne so? A mensa?). Non si capisce che cavolo c'entri, poi. Comunque, via sms si apprende che una mia compagnetta di scuola (trattasi di una giapponese che è stata nella nostra classe solo due ore per poi essere rilocata) ha l'H1N1 conclamata. La macchina per la prevenzione pandemie si è messa subito in moto.
Mi hanno chiesto di farmi trovare nella mia stanza alle 1:20 per essere visitato. Ho preso in fretta dei ravioli al vapore a portar via nel mercatino rionale e sono tornato in camera. Risultato: non è venuto nessuno per tutto il pomeriggio. La sera sono uscito. Fuori dall'albergo c'era un'ambulanza abitata da personaggi vestiti da palombari. Ho chiesto all'infermiera di cui sopra se c'era qualche problema. No, nessun problema. Posso andare dove mi pare. Ho fatto una foto ricordo ai palombari e sono andato a fare spesucce (ero abbastanza triste da essere autorizzato ad una spesa media: telefonino cinese, pantaloni, camicia, ...).
La sera però mi sono ancora venuti a trovare gli omini bianchi: non devi abbandonare la camera fino a domani mattina. Il principale mezzo di informazione cinese (sms) mi informa che è possibile che vengano a svegliarmi alle due di notte per deportarmi in un apposito albergo dove mettono gli studenti in quarantena. Pare che qui si usi così. Comunque non è venuto nessuno.
Stamattina a scuola c'era metà della classe. L'altra metà era rimasta a casa o era stata catturata dal nemico. Allarme rientrato? No, oggi e domani non c'è lezione. Ci hanno teso un agguato e stanno venendo a visitarci qui a scuola. Decidiamo comunque di fare lezione e per l'ennesima volta non arriva nessuno. Un'italiana telefona al consolato nel tentativo di far scoppiare un incidente diplomatico (ma se non c'è riuscito Berlusconi...). Finalmente ci rilasciano: domani si farà lezione regolarmente. Almeno così pare. Si attende il prossimo sms per avere la solita smentita.